di Redazione
“Non è un libro autobiografico, ma utilizzato le mie esperienze personali per portare il lettore dentro l'affascinante mondo del cinema e chiarire alcuni dei suoi aspetti più tecnici”,
Giovanna Mezzogiorno torna al Giffoni Film Festival per presentare il suo primo libro “Ti racconto il mio cinema” (Mondadori) che descrive come
si fa cinema, dalla scrittura della sceneggiatura al montaggio della pellicola, condividendo non solo i suoi ricordi legati ai set, ma anche le sfide e le emozioni vissute dietro le quinte.
Ricordi ed esperienze che non le mancano, in attesa di “progetti interessantissimi in arrivo”. Attrice di gran talento, impegnata sia al cinema che in teatro e televisione, pluripremiata,
Giovanna Mezzogiorno ha lavorato con i più grandi registi in cinema e teatro: Michele Placido, Gabriele Muccino, Ferzan Özpetek, Mike Newell, Wim Wenders, Francesca Archibugi, Marco Bellocchio,
Cristina Comencini, Gianni Amelio, Daniele Luchetti, solo per citarne alcuni. Figlia d’arte, ha però il rimpianto di non aver mai potuto prendere insegnamenti diretti dal padre Vittorio, “Mio
papà non mi ha mai vista in scena, non mi ha potuto insegnare niente sul campo, ma guardando i suoi film, e attraverso i ricordi che ho di lui, ho imparato tanto. Una cosa su tutte? il rigore
maniacale. Non porto mai il cellulare sul set, a differenza di molti colleghi italiani. Nelle pause tra una scena e l’altra preferisco prepararmi al set al quale in precedenza hanno lavorato
attentamente gli altri”.
Tra i registi che le hanno lasciato un segno, oltre al padre, tre nomi spiccano su tutti “Peter Brook, Sergio Rubini e Michele Placido”. “Peter è stato il primo con il quale ho iniziato a
recitare. Avevo 21 anni e mi propose di entrare nella sua compagnia per lo spettacolo 'Amleto' di Shakespeare, nel ruolo di Ofelia. Lui era di un rigore marziale. Non l’ho mai sentito urlare, era
sempre calmo, ma tutto quello che voleva, veniva fatto. Chiedeva che arrivassimo sempre in teatro almeno 3 ore prima dell’inizio dello spettacolo per fare degli esercizi di connessione, vocali o
fisici, tutti insieme; voleva che ogni attore fosse connesso alla perfezione con gli altri in scena”. “Da Sergio Rubini - ha proseguito Giovanna Mezzogiorno - ho imparato dove
potevo andare e dove non potevo andare, come muovermi sul set. Con lui ho debuttato giovanissima sul grande schermo ne ‘Il viaggio della sposa’”. “Michele Placido, invece, con cui ho
girato ‘Del Perduto amor’, mi ha insegnato la memoria a lungo termine, cioè non pensare a cosa devo dire, non avere la distrazione di dover ricordare”. E un attore? “Luigi Lo Cascio. Con
lui ho lavorato in due film, ‘ I nostri ragazzi’ e ‘La bestia nel cuore’. C’è una grande sintonia tra di noi, ci confrontiamo sulle scene e parliamo tanto delle nostre vite personali”.
Dagli inizi, fortuiti (“la prima volta che ho messo piede su un set avevo 5 anni, ma non ho mai avuto velleità in questo ambito. Ero una bella bambina, le proposte arrivavano ma i miei
genitori hanno sempre rifiutato, e per questo li ringrazio; poi, quando ero a Parigi Peter Brooks mi notò e mi propose il ruolo di Ofelia”), alla sua vita fuori dal set (“Non porto il
lavoro a casa, lascio il personaggio nel momento in cui finisce l’ultimo ciak della giornata”), Giovanna Mezzogiorno ha raccontato ai ragazzi anche del suo corto da regista, "Unfitting", in
cui racconta la sua storia di vittima di bullismo, emarginata dopo aver preso venti chili: “‘Unfitting’ vuole essere un piccolo film autobiografico però vissuto con ironia. Non mi sono
lamentata e non è una rivendicazione, ma l’ho potuto fare con ironia solo dopo tanta rabbia. Non bisognerebbe farsi condizionare dal giudizio altrui soprattutto sul nostro aspetto fisico. Questo
non accade solo nel mondo del cinema ma credo accada in ogni posto di lavoro”, ha concluso.
crediti foto: ufficio stampa Giffoni Film Festival